​Intervista a  Mr R. Rocco Cramarossa

​Intervista a  Mr R. Rocco Cramarossa

Mr. Rocco Cramarossa, lei è un giovane allenatore (classe ’80) che nell’ultimo triennio ha legato il suo destino a quello dell’ASD Bitetto con ottimi risultati.
Si, è stato un buon triennio sotto ogni punto di vista. Tre stagioni fa mi fu affidato l’incarico di guidare un gruppo che veniva da un’annata disastrosa, conclusa con l’ultimo posto in campionato e la retrocessione in seconda categoria. Allestita con pochissimi mezzi la rosa per affrontare quel campionato, ci diedero l’inaspettata notizia del ripescaggio in prima, e dovemmo dar fondo a tutte le nostre risorse per raggiungere una difficile salvezza nell’ultimo turno di campionato. Fu una grande soddisfazione, ma lo sono state ancora di più le due annate successive. Con lo stesso solido gruppo dell’annata precedente, nella seconda stagione siamo riusciti a salvarci senza mai andare in affanno, disputando un campionato tranquillo, costantemente lontano dalle calde posizioni play-out. Lo scorso anno invece abbiamo tentato il salto di qualità, lottando per le posizioni play-off dall’inizio alla fine del torneo, concludendo con un dignitoso quinto posto.

Un gruppo che dunque è migliorato costantemente in questo percorso.
Una delle mie più grandi soddisfazioni è stata aver preso un gruppo sgretolato e “allegro” all’inizio del percorso e aver fatto tanta strada insieme. Serietà negli allenamenti, dedizione alla causa, cultura del lavoro, massima professionalità dentro e fuori dal campo, senso di appartenenza al gruppo: tutti concetti che si tende a dare per scontati nel calcio, ma che posso assicurarvi non lo sono affatto. Soprattutto in contesti piccoli dove circola poco denaro, e dunque le pretese non possono che essere limitate. Grazie all’aiuto dei pochi elementi più maturi in rosa siamo riusciti ad inculcare queste idee anche nei tanti giovani della squadra, convincendoci gradualmente che fosse possibile lottare per obiettivi più prestigiosi attraverso il duro lavoro e lo spirito di sacrifico. E così è stato. Il gruppo si è cementato e gli stessi uomini che erano retrocessi malamente poche stagioni prima, con l’inserimento di pochi innesti e l’impiego di pochissimi mezzi a disposizione, sono arrivati a giocarsi un posto nei play-off. Giocando un calcio vero, ricevendo persino i complimenti di importanti addetti ai lavori per quanto si dimostrava sul campo. Purtroppo il sogno è sfumato nell’ultimo mese dello scorso torneo, un po’ per colpa della sfortuna (infortuni e squalifiche che si sono accatastati nelle ultime partite), un po’ perché la società non ci ha creduto e non ci ha supportato nel finale, lasciandoci alla deriva, in balia di noi stessi. Non è semplice lavorare senza sentire il sostegno di chi dovrebbe essere il tuo primo sostenitore e dovrebbe metterti in condizione di puntare al raggiungimento dei tuoi obiettivi.

Come è lavorare nel calcio dilettantistico pugliese al giorno d’oggi?
Assolutamente non semplice, i problemi sono tanti, soprattutto in Puglia. Si potrebbe partire dalla cronica carenza di fondi che attanaglia ormai un decennio le nostre società, e da cui origina gran parte dei mali. Non ci sono soldi per allestire le squadre, pianificare a 360 gradi le stagioni e rimborsare gli atleti per pretendere quella professionalità che a questi livelli viene spesso sottovalutata. Oltre a ciò bisogna fronteggiare anche l’assenza di mentalità e la poca professionalità con cui dirigenti ed atleti della categorie inferiori portano avanti i loro compiti. Si tende a portare avanti i propri progetti con poca lungimiranza, senza voglia di fare le cose per bene, nè ambizione di crescere e migliorarsi. Ci si accontenta del poco che si riesce a fare, ma è molto difficile dire ad un uomo di sport di mettere da parte le proprie ambizioni: confrontarsi con se stessi, sfidare i migliori per capire fin dove si può arrivare, fissare i paletti dei propri limiti e lottare per superarli costantemente. Se ad uno sportivo, allenatore o calciatore che sia nel nostro caso, si tolgono questi obiettivi, resta ben poco per cui sudare e dare l’anima in campo.

Perché la società del Bitetto non ha scelto di continuare sul cammino intrapreso, visto che la strada imboccata pareva essere fruttifera?
Ci sono stati dei cambiamenti a livello societario, con nuovi ingressi nella dirigenza ed un cambiamento della rotta da inseguire. Tutto ciò si è tradotto nella volontà da parte dei nuovi vertici di puntare su un proprio staff tecnico di fiducia, interrompendo la continuità con cui abbiamo lavorato recentemente. Purtroppo nel calcio la riconoscenza è l’ultima delle virtu’ conosciute, e si dimentica in fretta quanto di buono fatto; è un dogma che vale per i calciatori, ma che non è meno veritiero per gli allenatori. Ringrazio comunque la dirigenza del Bitetto che mi ha permesso di cominciare la mia carriera da allenatore, dandomi la possibilità di lavorare bene in un ambiente sano e sereno, convivendo con gente onesta e di cuore. Mi spiace soprattutto lasciare il gruppo formatosi nella mia esperienza: ragazzi fantastici a cui spero di aver insegnato qualcosa, e che hanno decisamente contribuito a migliorare me da un punto di vista tecnico e umano. Io ho dato loro tutto ciò che avevo, e loro hanno contribuito a migliorarmi e tradurre sul campo le mie idee.

Qualche chiamata per la stagione alle porte? Cosa riserva il futuro?
C’è stato qualche contatto che però non si è tradotto in nulla di concreto, dunque al momento sono disponibile a vagliare nuove proposte. I requisiti della mia società ideale sarebbero una buona base organizzativa alle spalle, la voglia di fare bene, crescere e migliorarsi giorno dopo giorno, e più importante di tutto l’ambizione di volersi togliere grandi soddisfazioni, e non accontentarsi solo di tirar via piccoli sassolini dalle scarpe.

laquis

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