Le interviste del Centenario. Puntata 9 – U.S. Bitonto Calcio

Le interviste del Centenario. Puntata 9 – U.S. Bitonto Calcio

Ti ricordi… Marco Martellotta?

Dodici mesi, dodici uscite dedicate ai grandi protagonisti della storia calcistica neroverde, il più che meritato e doveroso tributo ad alcuni degli attori indimenticabili che hanno scaldato le domeniche pallonare dei bitontini nell’ultimo cinquantennio, facendoci esultare per un gol, una parata, una giocata in mezzo al campo, un intervento difensivo o semplicemente perché hanno indossato la Nostra maglia davvero con lo spirito dell’indomito Leoncello

Le interviste del Centenario sarà la rubrica che vi terrà compagnia nel corso di questo 2021 che coincide con il compleanno secolare del Bitonto Calcio, cento anni attraversati da gioie, dolori, speranze, delusioni, vittorie esaltanti e cadute dolorosissime. Momenti caratterizzati, sempre e comunque, nel bene o nel male, da un comune denominatore: la passione sportiva di una città che non ha mai smesso di lottare e rialzarsi.

Uscita di settembre dedicata al “centrocampista gentiluomo” Marco Martellotta, leoncello neroverde dalla stagione in D 2008-2009 fino a quella in Promozione del 2010-2011, con il sodalizio bitontin-palesino denominato Libertas Bitonto, per poi tornare all’ombra del Torrione in coda all’estate del 2014. e restarci ancora un po’. Annate molto intense vissute con i nostri colori addosso, per il trentunenne nativo di Putignano, ma nostro concittadino ormai da anni per…adozione. Chi lo conosce sa bene che stiamo parlando di un calciatore tanto aggressivo e generoso in campo quanto ragazzo a modo, gentile, educato e disponibile fuori dal rettangolo verde. In pratica, una persona con cui è davvero difficile non andare d’accordo. Signori e signore, a voi Marco Martellotta.

Quali sono i ricordi più belli che ti legano ancora, dopo anni, ai colori neroverdi?
“Sicuramente le belle amicizie che mi sono portato dietro, la brava gente che Bitonto e il Bitonto Calcio mi hanno fatto conoscere. Sarebbe troppo banale parlare di un esordio emozionante, ma se proprio devo ricordare le ‘vicende di campo’, penso alla vittoria in casa nei playout contro il Grottaglie anche perché si veniva da settimane molto difficili…”.

I momenti più difficili, invece, quali sono stati?
“Uno in particolare, senz’altro il brutto: la retrocessione e i giorni successivi alla sconfitta contro il Pisticci. Un Campionato balordo, con tanti episodi negativi che si sono concatenati, nonostante fossimo una squadra molto giovane capace di giocarsela a viso aperto con tutti”.

Quali erano le tue caratteristiche in campo e fuori che ti hanno permesso di avere sempre dalla tua parte stima e supporto dei tifosi bitontini?
“Credo che si possa racchiudere il tutto nelle parole ‘duttilità’ ed ‘educazione’. Un rispetto che ho sempre avuto per tutte le persone che mi circondavano, in campo e fuori. Non mi sono mai tirato indietro, soprattutto quando sono stato chiamato a ricoprire ruoli diversi da quello di centrocampista centrale, come ad esempio l’esterno, o quando ci ho messo la faccia in prima persona andando a parlare personalmente con i tifosi delusi spiegando senza ipocrisia cosa non stesse andando nel verso giusto”.

Bitonto ti ha dato tanto anche nella vita privata. Spieghiamo perché a chi non conosce la tua storia…
“Bitonto non mi ha dato tanto nella vita privata, mi ha dato tutto. Qui ho conosciuto mia moglie, qui mi sono trasferito mettendo su famiglia e a Bitonto ho aperto il mio primo ristorante. Insomma, in questo paese è iniziata tutta un’altra storia per me…”.

Ora sei un affermato imprenditore nel settore della ristorazione. Cos’hai portato del Marco Martellotta calciatore nelle tue attività?
“No no, imprenditore affermato non direi. Piuttosto cerco sempre di fare il mio meglio proprio come da calciatore! Sono gli altri a giudicare, non mi reputo affatto ‘importante’ ma ci tengo a fare bella figura e farci apprezzare organizzando le cose per bene”.

Qualche rimpianto legato alla tua carriera da calciatore? Hai appeso le scarpette al chiodo appena all’età di 27 anni…
“Non ho rimpianti per la mia carriera da calciatore. Sarebbe troppo facile aggrapparsi ai ‘se’ ed ai ‘ma’, una cosa che non mi è mai piaciuto fare. Tutti raccolgono quello che si meritano e io ho fatto una scelta consapevole, autonoma, rinunciando alle offerte calcistiche che ancora avevo a 27 anni per intraprendere un’altra strada. Nella vita non si può tornare indietro, a che serve avere rimpianti? Ho deciso di seguire un altro percorso al 100%, senza vincoli; non avrei potuto dividermi tra il Calcio e la nuova attività di ristoratore, non è mia abitudine fare qualcosa che non sia con il massimo dell’impegno. Una scelta fatta allora a malincuore, sono sincero, ma oggi sono felicissimo così. Rimpianti zero!”.

Di recente, hai supportato l’iniziativa “Top XI del Centenario”, organizzata proprio per celebrare il secolo di vita del Calcio bitontino. Lo hai fatto per attaccamento ai nostri colori, per stima e fiducia nei confronti di chi l’ha organizzata, perché conosci personalmente il Presidente Rossiello e il suo Staff o per tutte queste ragioni messe assieme?
“Ho deciso di supportare materialmente la “Top XI del Centenario” perché siete delle persone fantastiche che ho imparato a conoscere in questi anni. Ho ritenuto opportuno innanzitutto per questo motivo di base dare il mio contributo all’iniziativa, ma anche per il Presidente Rossiello con cui, seppure non lo conosca molto bene, ci ho scambiato in passato due chiacchiere ed ho subito capito che tipo è…”.

Segui sempre le vicende del Bitonto Calcio? Ti piacerebbe, un giorno, riabbracciare il neroverde con altre vesti?
“Sì, seguo sempre le vicende neroverdi. Come dicevo prima, ho ancora tanti amici che mi legano al mondo Bitonto Calcio; la domenica, a fine lavoro (ma mi è capitato anche durante…) scatto sul cellulare a vedere il risultato del Leoncello. Il Calcio mi ha dato tutto, anche l’imprenditore che sono oggi perché il lavoro e lo spirito di squadra sono fondamentali, decisivi tanto nello sport quanto nel lavoro. Una squadra diventa vincente solo se tutti remano nella stessa direzione e non parlo esclusivamente dei calciatori protagonisti in campo, ma dell’intero gruppo. La forza del gruppo ti fa vincere i Campionati, il singolo fenomeno al massimo ti può far vincere qualche partita, ma ce ne son pochi in giro. Il Calcio è stata la mia scuola di vita e mi ha insegnato un’altra cosa molto importante: com’è difficile, ma talvolta necessario, prendere alcune decisioni drastiche. Tornare nel giro? La vedo davvero difficile, perché i miei impegni lavorativi sono diventati tanti e io rispetto troppo il Calcio in quanto ‘roba seria’, per me, da poterlo fare soltanto per gioco, quindi, o gli si dà anima e corpo o niente”.

Redazione

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