Quarantaquattresimo del primo tempo, il Trani è già in vantaggio. Sciangalepore e Rubini lottano a metà campo per cercare di toccare un pallone di testa: nello scontro l’attaccante viestano ha la peggio. Si alza, si incammina verso la sua panchina ma subito dopo si riaccascia con le mani sul volto, dolorante.
Di Gennaro non lo vede, Scianga è a terra dietro di se: ha il pallone tra i piedi ed una prateria davanti a sua disposizione. Parte, non lo seguono, al suo fianco c’è solo Manzari, suo compagno di reparto. Di fronte il solo portiere Tucci. Appena dentro l’area, da altruista, appoggia per Manzari che deve solo spingere il pallone in rete, quello del due a zero, della certezza del successo, del diciassettesimo gol in stagione.
Stoppa, si gira, vede che Sciangalepore è ancora a terra e invece di mettere in rete, calcia lontano, molto lontano, all’altezza della trequarti, in fallo laterale.
Spontaneo parte un applauso degli spettatori in tribuna, nonostante tutti hanno una mano impegnata a mantenere l’ombrello aperto per ripararsi dalla pioggia. Applaudono anche i suoi tifosi, una cinquantina, tanti ne ha fatti arrivare il Prefetto. Manzari torna verso centrocampo, quasi schivando le mani degli avversari che si vogliono complimentare con lui; va da Sciangalepore per verificarne le condizioni e quando si accorge che sanguina, placa anche quel senso di rabbia che lo stavano portando da lui per dirgli “Io sono stato sportivo, tu non simulare”. Ma non c’è stata simulazione: Sciangalepore dovrà lasciare la partita e andare al Pronto Soccorso per farsi suturare la ferita con 3 punti.
Al quarantesimo della ripresa, quando mister Costantino lo sostituisce con Pinto, una autentica ovazione saluta Gennaro Manzari, oggi autore del gol più bello della sua carriera, quello che non ha voluto segnare.
Sandro Siena
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