Destinato, per talento e conformazione fisica, ad un brillante futuro da calciatore, aveva anche una incredibile dedizione per gli studi e alla fine preferì la Facoltà di Medicina al pallone
Era avviato ad una brillante carriera Vito Delmonte, protagonista negli anni Settanta di tante battaglie calcistiche sui polverosi campi dell’allora serie D. Fisico longilineo di un metro e novanta, mani grandi come artigli, innato senso del piazzamento, tempestività e puntualità nelle uscite.
Un guardiapali che sembrava un gigante quando gli attaccanti avversari gli si paravano davanti.
Ma lui aveva anche una incredibile dedizione per gli studi e alla fine preferì la Facoltà di Medicina al pallone.
Ormai 60enne (il 25 maggio scorso ha festeggiato il suo compleanno) è direttore delle sale operatorie e responsabile dell’Unità Operativa Trapianti all’ospedale ‘Miulli’ di Acquaviva delle Fonti, sua città natale.
“Quand’ero al Bitonto – racconta con la sua proverbiale seraficità – riuscii a tirar fuori il meglio delle mie qualità tecniche. Mi seguiva il Bari che a quei tempi era allenato da Luciano Pirazzini. Ma, soprattutto avevo in Enrico Catuzzi un mio grande estimatore. Tuttavia, la proposta più interessante arrivò dal Cesena dove giocava Pierluigi Cera vicecampione del mondo in Messico. Ripetutamente ero stato visionato da Vavassori (ex portiere di Juventus e Bologna degli anni Sessanta ndr) che aveva fornito buone referenze su di me. Sostenni anche un provino che andò bene. Mi trovai davanti ad un bivio: ero già iscritto a Medicina, decisi di continuare il percorso di laurea e restai in Puglia. Alternavo esami e lezioni con gli allenamenti pomeridiani sul campo di Bitonto per prepararmi alla partita domenicale”.
Non c’è mai stato un filo di rimpianto per quella potenziale occasione mancata di poter calcare palcoscenici più prestigiosi e importanti. Volgendo lo sguardo al passato, Vito Delmonte sa di aver fatto la cosa più giusta: “Per carità, ricoprire il ruolo di portiere era qualcosa di esaltante. Mi ispiravo a Zoff. Però, ero animato da una notevole passione per la Medicina. Consideravo il calcio un sano divertimento anche se mi sono tolto belle soddisfazioni soprattutto quando difendevo la porta del Bitonto. La mia è stata una scelta di vita: ho conseguito prima la laurea, poi la specializzazione in anestesia e rianimazione”.
I primi passi nelle giovanili dell’Acquaviva, il campionato di Promozione (allora non c’era l’Eccellenza ndr), infine l’esordio appena 18enne nel Bitonto. “La serie D era un campionato impegnativo e durissimo. Venivamo considerati dei semiprofessionisti, ma non è che si guadagnasse chissà cosa. Si facevano tanti sacrifici. Diventai titolare della formazione neroverde a stagione in corso, conquistando ben presto la fiducia della società e la stima dei tifosi bitontini che mi hanno sempre voluto un gran bene. Giocavamo sulla terra battuta. Per noi portieri, rigorosamente in maglia nera, era tremendo tuffarsi da un angolo all’altro o ricadere dopo un volo all’incrocio dei pali. Di fronte spesso avevamo squadroni come Andria, Campobasso, Matera, Nardò,Teramo, Lanciano, L’Aquila. Che derby contro Bisceglie, Molfetta, Trani, Monopoli, Putignano. Stadi e campi stracolmi di gente. Era un calcio diverso molto passionale quasi eroico, povero di mezzi ma ricco di sentimento, lealtà e agonismo genuino. Non c’erano combine, scommesse come purtroppo avviene oggi”.
Nella stagione ’73-’74 Delmonte venne convocato nella Selezione juniores di B, C e D.
“In squadra giocava un certo Sergio Brio che però faceva il centravanti prima di diventare il forte difensore che tutti abbiamo conosciuto. L’anno dopo feci parte della rappresentativa pugliese insieme a Nicola Di Leo del Trani. Nel ’78 fui convocato in Nazionale Dilettanti per l’amichevole Italia-Austria”.
Delmonte chiuse la sua carriera a Rutigliano (’82-’83), ma i suoi ricordi più belli sono legati ai sei anni trascorsi nel Bitonto.
“C’era un incredibile spirito di gruppo. Eravamo animati da un’amicizia sincera che è rimasta scolpita nel tempo. Una squadra che sapeva farsi rispettare in campo. Il rigore che parai contro il Nardò, a mani nude senza l’ausilio dei guanti, resta sicuramente la perla di quella esperienza indimenticabile. Quando ci ripenso provo ancora un po’ di emozione e nostalgia”.
DIDASCALIA Foto: Vito Delmonte para un calcio di rigore in Bitonto-Nardò (1-0) durante il campionato di serie D 1974-1975, uno dei momenti più belli della sua carriera
Per gentile concessione de LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO e dell’autore Nicola Lavacca
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