Tutti, almeno una volta nella vita, abbiamo dato quattro calci ad un pallone per strada. E, si sa, la magia di quei quattro calci dati in strada non può eguagliare nessun campo in erba, nessuno stadio, nessuna luce della ribalta. E, quando si giocava per strada, c’erano poche regole, ma erano sacre ed inviolabili.
1) Il più grasso va in porta
La vita offre poche certezze. Ma una di queste è che, se a 12 anni pesi più di 70 chili e non superi il metro e mezzo, i tuoi pomeriggi sono destinati a trascorrere in mezzo a due cartelle o due pietre, e la tua schiena è destinata a piegarsi a raccogliere le vagonate di palloni che saranno passate in mezzo a quei due oggetti. Triste, ma è la vita, amici.
2) Chi porta il pallone decide chi gioca
Anche in questo caso, la democrazia non appartiene al calcio di strada. Chi gioca, compie le sue scelte e decide chi giocherà e, molto spesso, a sua discrezione sarà anche la composizione delle squadre. Misteriosamente, la squadra di quello col pallone potrà annoverare tra le sue fila l’unico portiere di professione e il fenomeno che con la palla tra i piedi fa quello che vuole. Ma, d’altronde, quello là ha il pallone e noi no.
3) I falli vengono fischiati solo se il giocatore infortunato bestemmia in maniera smodata
Se avete trascorso le vostre estati sull’asfalto a tirare calci ad un pallone, è anche molto probabile che oggi vi sia precluso l’ingresso in qualsivoglia Chiesa, Basilica, Duomo, Convento e qualsiasi altro luogo di aggregazione religiosa. Questo proprio a causa di questa regola. I falli erano un concetto aleatorio, e spesso, per ottenere una punizione, era necessario convincere il prossimo a suon di sonore bestemmie e imprecazioni.
4) La partita termina solo quando tutti sono sfiniti
Scordatevi i 90′ + recupero. La partitella pomeridiana estiva iniziava alle 16, sotto un sole da mandare all’ospedale chiunque tranne noi, e terminava alle 20.30-21, in genere con le mamme che urlavano disperate ai balconi e noi che cercavamo di combattere la disidratazione, la secchezza delle fauci e la paralisi che aveva colpito tutti gli arti del nostro corpo. Solitamente, quando veniva registrato l’ultimo decesso, si poteva andare tutti a casa. Per poi tornare il pomeriggio seguente.
5) Non importa il punteggio. Il vincitore della partita è stabilito solo ed esclusivamente dal “chi segna vince”
Anche in questo caso, nulla di tradizionale. Dopo l’intero pomeriggio di gioco, il punteggio era fissato, indicativamente sul 43-7. Ma, alle 20.45, con la cena pronta in tavola, qualcuno, solitamente ed inspiegabilmente un membro della squadra che stava sotto 43-7, urlava: “Chi segna questo vince!”. E, abitualmente, qualche scherzo del destino faceva finire in porta, con deviazione del vecchietto che passava di là per caso, un pallone nella porta di quelli che avevano dominato tutto il pomeriggio. Frequentemente, guarda i casi della vita, la cosa finiva a schiaffi.
6) No arbitro. Assolutamente
Altro motivo per cui gran parte dei pomeriggi terminavano a schiaffi e ad amicizie finite. Ma l’arbitro su un campo di calcio di strada è una cosa decisamente anticostutizionale, per cui andava benissimo così. In via del tutto eccezionale, potevano essere coinvolti passanti e vecchi stazionanti alle panchine antistanti per dirimere le questioni più spinose, tipo se quando Tizio ha asportato il menisco a Caio a un metro dalla porta era rigore oppure no. Altra questiona spinosa, la regolarità dei gol, questione solitamente risolta con l’assegnazione di un rigore a casaccio per riequilibrare il tutto. Piccola postilla: in genere, se la squadra che aveva subito il gol contestato proponeva un calcio di rigore come soluzione del misfatto, aveva la coscienza sporchissima ed il gol era ampiamente regolare.
7) In mancanza di un pallone, vanno bene anche lattine, bottiglie di plastica, stracci, polpacci degli amici
Tante volte, per motivi misteriosi, il pallone poteva andare perso, bucato, rapito, ucciso. E allora, per concludere la giornata, andava bene tutto pur di tirare qualche calcio e far arrivare l’ora di cena. In genere però, il giorno successivo qualcuno si sacrificava e comprava un pallone nuovo, perchè senza materia prima risultava tutto un po’ più complicato.
8) Se vieni scelto per ultimo, non hai nessuna speranza nemmeno nella vita
Crudele, triste, cattivo. Si, il calcio di strada sapeva essere già così. Spesso, essere scelti per ultimi era un marchio di infamia che avrebbe manifestato le sue ripercussioni negli anni successivi, quelli dell’adolescenza. Quello scelto per ultimo sarebbe diventato il secchione della classe alle medie, lo sfigato brufoloso alle superiori e quello che le donne non si filavano di pezza all’università. Poi, per misteriosi ragioni che solo il Karma sa spiegare, quello scelto per ultimo intorno ai 30 anni diventerà un genio dell’informatica, venderà la sua app a 10 miliardi di euro e farà ciao ciao con la manina a tutti noi. Ma sai che ce ne frega dei tuoi soldi se non sai giocare a pallone, LOSER?
9) Andare a recuperare il pallone incastrato sotto la macchina è l’esperienza più nefasta dell’intera esistenza
Esperienza mistica: il Super Santos incastrato sotto la marmitta della macchina, prenderlo a calci e pugni e non riuscire a tirarlo fuori. Solitamente l’esperienza si concludeva con ginocchia e mani nere, escoriazioni varie e Santi scesi giù a furia di essere invocati. Collateralmente, poteva accadere il fenomeno detto di “ovalizzazione del pallone”, il che rendeva il prosieguo della partita ancora più aleatorio e affidato alle leggi del Caos.
10) Quando il proprietario del pallone si incazza, tutti a casa
Unico altro caso oltre all’arrivo delle tenebre in cui la partita poteva finire, era quello dell’incazzatura del proprietario del pallone. Per tutti i motivi esposti finora, misteriosamente il proprietario del pallone era anche il più fumantino del gruppo, nonchè probabilmente il più scarso. Pur di non farlo incazzare, ogni sua richiesta o pazzia andava assecondata, per cui non era raro assistere all’assegnazione di rigori invisibili o alla nascita di gol che valgono triplo. Perchè non bisogna far incazzare quello che porta il pallone.
Valerio Nicastro per i delinquentidelpallone.eu
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