Lo fa con una lettera aperta in cui annuncia incursioni televisive e per rivolgersi al sindaco Franco Landella. Ecco il testo con cui l’ex patron del Foggia contestualizza l’attuale situazione dei rossoneri.
LA STRADA DEGLI EX. E’ consuetudine, ormai, che al tramontare di una stella, arrivi l’ex di turno a salvare la faccia a una città e a una squadra in preda a una crisi di nervi.
Che, poi, vada annoverato anche io tra gli ex, non può che essere una piacevole realtà.
Sono l’ex Patron del Foggia Calcio, per intendere quello della seria A con Rambaudi, Signori,BaianoKolivanov, Shalivomv, di Biagio etc. etc.; sono l’ex Re del Grano, proprietario di 52 aziende tutte miseramente annientate da una campagna di odio e diffamazione che portò al mio arresto e alla mia assoluzione dopo 14 di causa; le mie società sono fallite non per mala gestio ma per la chirurgica operazione di delegittimazione posta in atto da schegge impazzite rappresentati da falsi pentiti manipolati da alcuni magistrati (per fortuna pochi, considerato che la gran parte dei essi è gente per bene) politicamente indirizzati a danzare sul mio cadavere.
Sono un ex. Ma, ogni qualvolta occorre un termine di paragone per giudicare il presente, non si perde occasione per tirarmi in ballo per dire “speriamo che non sia come Pasquale Casillo”.
Anche oggi, leggo su alcuni giornali, che altri ex si avvicinano al Foggia per costruire un futuro con “gente seria”. Mi chiedo e chiedo a questi ex come me: ma dove eravate voi quando ho portato il Foggia in serie A? eravate al mio fianco e abbiamo lavorato con economie al risparmio per programmare quel futuro che all’alba di quel giorno di aprile del 1994, quando venni arrestato come un boss della Camorra ( con dispiegamento di uomini e mezzi degni solo di personaggio di primo piano della malavita organizzata) naufragò miseramente lasciando, però, nelle casse della INVESTIND, proprietaria del Foggia Calcio, qualcosa come 56 miliardi di vecchie lire. Dopo solo 4 anni, ossia nel 1998, i soldi erano finiti perché gestiti da curatori fallimentari senza scrupoli e senza nemmeno una segretaria; da ex miei amici che prima sparirono dalla città, temendo per la loro libertà e poi, come le apparizione santifiche, riapparirono allorquando le acque si erano calmate e il colpevole era stato assicurato alle patrie galere. Quel colpevole che dopo 14 verrà totalmente assolto.
Ho pagato io anche per tutti voi. Il giocattolo Foggia vi ha resi famosi come picco starlette ma si sa, le stelle cadenti durano l’attimo di uno sguardo e muoiono quando si staccano dal loro sole. Anche voi, staccata da me e dai soldi miei e della mia famiglia, siete tornati nel dimenticatoio.
Sono tornato a Foggia da uomo libero e da persona dal certificato penale immacolato. Ho ripreso a sognare una programmazione per il futuro del Foggia Calcio che non passasse dalle spese folli e che non potesse prescindere da uno stadio e da un settore giovanile fucina di campioni del domani.
Ho sognato di ritornare ma la forza non era più la stessa. Ho chiamato al mio fianco i miei ex amici, ossia quelli che un tempo fecero conoscere Foggia fino a Madrid e a giocare con il Real.
Ho sognato, è vero. Quando sei innamorato non puoi ragionare che con il cuore. Il cuore mi disse di ricompare il Foggia Calcio nel 2010 dagli imprenditori che lo vendettero con passività di oltre un milione e mezzo di euro e con la promessa delle sponsorizzazioni finalizzate all’accollo della metà della debitoria.
Lo compari con uno stadio non adeguato alla serie C, con una capienza di meno di 3.000 spettatori e con un manto erboso reduce da un concerto che costrinse la squadra a giocare in trasferta le prime tre partite di campionato. Lo comprai tra mille problemi economici e sull’orlo della mancata iscrizione; lo comprai per l’amore che ancora nutro nei confronti di quei colori.
Con me ritornarono Zeman Pavone e Altamura.Ognuno di loro ci mise del suo. Onore e tutti e tre. Con loro arrivarono , tra gli altri, Insigne, Laribi, Sau, Regini, Romagnoli, Salamon, e tanti altri campioni che ancora militano in serie A e in Nazionale. Mai scelta più oculata fu fatta e mai i conti di quella società, a parte i debiti pregressi, non consentirono al Foggia la certificazione della COVISOC.
Ma le nubi nere dell’odio della maldicenza tornarono a oscurare il cielo della Città, materializzandosi nei dinieghi all’aumento della capienza dello stadio per mano di chi amministrava il Governo cittadino (Sindaco Mongelli); nei torti arbitrali che non ci consentirono un campionato legittimo (si pensi ai tre gol annullati contro la Nocerina; al gol di mano di Biancolino; alle sanzioni economiche pagate per le multe dovute all’uso di petardi e delle continue intemperanze dei tifosi che non poco incisero su un bilancio di una società che cercava di ottimizzare i costi con le valorizzazioni e il minutaggio).
Non fu colpa mia se Zeman decise di scegliere Pescara dopo essersi affacciato di nuovo sul palcoscenico del calcio che contava utilizzando una sciarpa rossonero del Satanello; non fu colpa mia se decise di portarsi con se i gioiellini che fecero sognare il salto di qualità.
Non fu certo colpa mia se coloro che nel 2012 mi promisero aiuti per iscrivere la squadra al campionato si tirarono indietro con la scusa che gli imprenditori non potevano garantire grosse compartecipazioni; non fu certo colpa mia se coloro che avevano sottoscritto le sponsorizzazioni (ossia i magnifici 8) approfittando dello stato delle cose, decisero tutti insieme di non pagare più.
Finì una stagione, la mia seconda stagione alla guida del Foggia Calcio con un impegno economico della mia famiglia gravoso ma che consentì alla COVISOC di certificare la legittimità dei conti. Il mio Foggia non fallì se non dopo qualche anno e con una squadra militante in terza categoria. Non fu mai contestata una ipotesi di bancarotta per distrazione perché i conti erano in ordine e debiti non furono contratti sotto la gestione della mia famiglia. Il Foggia fallì per una istanza di fallimento di alcuni personaggi che senza aver mai messo piede in società si inventarono cause per spillare soldi e che, sistematicamente ancora si riciclano presentandosi con il cilindro in mano al nuovo padrone, pronti a partecipare alla prossima trasmissione televisiva e elogiare il nuovo avventuriero. Il mio Foggia fallì per merito/demerito di pochi personaggi e per pochi soldi nonchè per le spese legali non assolte a un altro discutibile personaggio che difese (e difende) in palese conflitto di interesse ora l’una ora l’altra società di calcio.
Pecunia non olet.
Il mio Foggia fallì per meno di centomila euro. Il mio Foggia subi torti arbitrali, torti amministrativi con il peggior nemico rappresentato dal Comune di Foggia; torti giudiziari. Nessun imprenditore che fino a ieri è corso al capezzale del Foggia con una mano dentro il portafoglio e una sul portafoglio per timore che i soldi uscissero realmente, mi aiutò a superare la china e a partecipare al completamento della fidejussione.
Alcuni ex oggi si presentano alla città con la voglia di ripartire ma di non fare gli errori del passato. Il passato non è rappresentato da Pasquale Casillo. Io ho dato tanto e tanto ho ricevuto. Amore dalla gente comune; odio dai miei amici imprenditori, dal mondo di mezzo e da una amministrazione comunale che vedeva il suo massimo rappresentante uomo garante dei palazzinari e Sindaco della Città. Forse un più che latente conflitto di interesse c’è stato. Peccato che nessuno se ne sia accorto.
Lo struzzo affossa la testa nella sabbia quando non vuole vedere e/o sentire o, quando ha paura.
Io la testa l’ho tenuta sempre dritta sul collo a costo di perire quando qualche sconsiderato mi attinse con un casco perché non avrebbe visto (gratis) il Foggia l’anno successivo.
Fui costretto a abdicare anche a causa di coloro che fomentarono la folla e organizzarono manifestazioni e cortei di piazza per allontanarmi.
Oggi non mi pento di quello che sono stato e di quello che ho fatto. Ho dato lavoro a migliaia di padri di famiglia e ne sono felice. Sono un uomo libero nel pensiero e non ho debiti con la giustizia. Non posso dire lo stesso di altri!
Non giudico che è venuto dopo di me. Non tocca a me farlo. Ci sarà sempre un giudice a Berlino.
Auguro a chi si ripromette di programmare il futuro di non prescindere dal passato. Non c’è futuro senza passato.Il titolo sportivo è nelle mani del Sindaco Franco Landella, il quale ha un gravoso compito, quello di individuare le persone competenti, rifugiando dagli avventurieri.
Auguro a Lui l’illuminazione divina così che, folgorato sulla via di Damasco, possa scegliere il nuovo guru che indirizzi benevolmente le sorti della squadra di calcio del futuro.
A me non resterà che aspettare che il cadavere del mio nemico attraversi quel fiume di odio che ancora tracima allagando le vie di una Città facile a dimenticare chi le fece del bene.
Pasquale Casillo
N.b. In questi giorni dopo questa mail che spero venga pubblicata andrò in televisione per mettere fine a tutte queste chiacchiere una volta per tutte, facendo nomi di magistrati e curatori incompetenti.