Ultras U.S. Lecce: <br/> è l’ignoranza che crea la violenza

Ultras U.S. Lecce:
è l’ignoranza che crea la violenza

Una vecchia canzone dei Sud Sound System, noto gruppo salentino, cantava “è l’ignoranza che crea l’intolleranza di gente cieca e senza coscienza che è violenta ma non per esigenza. È solo oppressa dalla sua stessa esistenza. È l’ignoranza che crea la violenza”.

Ieri pomeriggio lo Stadio Via del Mare di Lecce, capoluogo della penisola salentina, ha portato in scena due tragedie. Una squadra precipitata dalla Serie A alla Lega Pro per le note vicende del calcioscommesse, nonostante una rosa “di un’altra categoria” (così dicono), non riesce a conquistare la promozione in Serie B condannandosi, autonomamente, ad un altro anno di purgatorio. Il triplice fischio dell’arbitro ieri ha dato anche il via al secondo dramma: un’orda di tifosi frustrati dalle innumerevoli delusioni subite quest’anno dalla loro squadra del cuore e non solo, come uno tzunami, invade il campo e distrugge tutto ciò che trova sulla sua strada. Un delirio ingiustificabile. Vengono colpiti stewart, cameraman e giornalisti. I giocatori, vero obiettivo degli scalmanati, riescono a sparire negli spogliatoi. Questa è la rapida fotografia di un episodio di cui si parlerà ancora per molto e, a causa del quale, molte persone pagheranno. Tuttavia, in casi di questo tipo, non sono solo i diretti interessati a pagarne le conseguenze. Il calcio italiano ha subito l’ennesima squarcio in una ferita ancora aperta e si tornerà a parlare, ancora una volta, di responsabiltà oggettiva. Nel lontano 1989 con la legge n. 401, la violenza negli stadi trova, in Italia, il suo primo intervento legislativo. Nel 2007 con la legge n. 41 sono state introdotte delle modifiche al fine di appesantire la mano sanzionatoria sulle specifiche condotte illecite in occasione delle manifestazioni sportive. Sono passati 23 anni dall’inizio della battaglia e, sinceramente, pochi sono stati i risultati ottenuti.

I fatti descritti hanno una duplice valenza. Non è solo l’Ordinamento statale che cerca il suo bersaglio, l’Ordinamento sportivo, nella sua autonomia, cerca il colpevole da punire e, sappiamo bene, che non esiterà a sanzionare anche chi, direttamente, nulla ha a che vedere con tali folli gesti.

L’ordinamento statale con l’art. 3 della legge 41/2007 stabilisce che “chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito, o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate adiacenze di essi, nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva lancia o utilizza, in modo da creare un concreto pericolo per le persone oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata fino alla metà se dal fatto deriva un danno alle persone o danneggiamento alle attrezzature e all’impianto sportivo”. La legge continua introducendo l’art. 583-quater del codice penale, che stabilisce: “nell’ipotesi di lesioni personali cagionate ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, il colpevole viene punito con la reclusione da 4 a 10 anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni“.

Domenica scorsa gli ultras salentini non si sono fatti mancare nulla. Come cavalli imbizzarriti non hanno retto l’ennesima delusione e, accecati dalla rabbia, hanno violato ogni norma si ponesse innanzi a loro. Tuttavia, si sa bene, l’ignoranza della legge non giustifica. La caccia delle Forze dell’ordine è partita e, ben presto, molti conosceranno le loro gelide mani.  

Per molti di questi la partita di ieri, con tutta probabilità, sarà l’ultima che vedranno per i prossimi 5 anni. L’autorità di pubblica sicurezza può, infatti, ordinare il divieto di accesso negli stadi, per un massimo di 5 anni, alle persone che siano state condannate o che risultino denunciate per aver preso parte attiva a episodi di violenza. Il cosiddetto DASPO. La forza punitiva dell’ordinamento sportivo è ormai nota a tutti. Tali condotte vengono specificamente sanzionate dal Codice di giustizia sportiva all’articolo 14.

Come già successo per il calcioscommesse, gli unici a “pagare” saranno i tifosi, quelli veri, quelli che non hanno bisogno di sfasciare uno stadio per manifestare l’amore per i colori della propria squadra. Da questo episodio il Lecce calcio ed il calcio a Lecce ne usciranno, ancora una volta, distrutti, traumatizzati.

L’Ordinamento sportivo individua, infatti, una forma di responsabilità oggettiva in capo alle società per i fatti violenti commessi dai propri sostenitori. Queste rispondono per i fatti commessi in occasione della gara, sia all’interno che all’esterno del proprio impianto sportivo, da uno o più dei propri sostenitori se dal fatto derivi un pericolo per l’incolumità pubblica o un danno grave all’incolumità fisica di una o più persone. Oltre all’applicazione di una ammenda, in casi di particolare gravità gli organi di giustizia potranno anche obbligare la squadra a disputare una o più gare a porte chiuse, con uno o più settori privi di spettatori o comminare la squalifica del campo per una o più giornate di gara o a tempo determinato, fino a due anni. La violenza negli stadi è, forse, l’unica questione nella quale l’Ordinamento sportivo ha contezza di quanto possa essere avvilente essere sanzionati per la pazzia di un manipolo di scalmanati che, alcun collegamento, hanno con la società. Per tale motivo, individua, precisamente, le condizioni grazie alle quali le società possono svincolare o, quantomeno, attenuare le relative responsabilità. In concreto le società devono aver adottato, prima dei fatti, dei modelli di organizzazione idonei a prevenire le condotte violente; devono concretamente cooperare con le forze dell’ordine per prevenire i fatti violenti e per identificare i sostenitori responsabili.

La convalescenza dalla malattia del calcioscommesse non era ancora finita ed è stato inferto l’ennesimo colpo. Il virus è ancora presente. Il calcio italiano è tramortito, stanco, debilitato. Il tifoso è colui il quale supporta e sopporta, trasforma la carica negativa in positiva. Urla per la propria squadra, soffre per un goal sbagliato, piange per un goal fatto. L’altalena delle emozioni è difficile da reggere. Non tutti, evidentemente, possono permetterselo. Ribadisco: è l’ignoranza che crea la violenza. 

 

Avv. Cristian Zambrini (www.studiolegalezambrini.it)

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