Come ormai noto, al minuto sessanta circa dell’incontro di calcio Football Acquaviva – Atletico Acquaviva, valido per la competizione Coppa Puglia, in corso presso lo Stadio Giammaria di Acquaviva delle Fonti, la Società biancoblù ha assunto la decisione di ritirare la squadra dal campo di gioco determinando così la fine anticipata del match.
La decisione, presa unanimemente da tutti i dirigenti della società, è stata determinata dal reiterato comportamento scorretto, antisportivo e violento posto in essere dai calciatori della squadra avversaria che, in più di un episodio, tanto nel primo tempo quanto nel secondo a gioco fermo e con la palla lontana, colpivano con pugni e gomitate, al volto e al corpo, gli atleti della Football Acquaviva tanto da rendere necessari e ripetuti gli interventi in campo da parte dello staff sanitario.
Il perpetuarsi di tali episodi, che ha messo gravemente e gratuitamente a repentaglio l’incolumità dei propri tesserati, ha indotto la società a ritirare la squadra dal campo, anteponendo alla ricerca del risultato sportivo la tutela della salute dei giovani calciatori (in campo erano al momento presenti tra le fila della Football due calciatori non ancora diciassettenni, un calciatore di diciotto anni e tre atleti diciannovenni).
Non potevamo permettere che i nostri valori e il nostro impegno venissero sminuiti da questi comportamenti antisportivi. Abbiamo voluto dare un segnale forte ma soprattutto un segnale diverso da quello che il campo stava restituendo. Quelli che noi consideriamo figli della nostra Città, i nostri atleti – la maggior parte provenienti dal nostro settore giovanile – erano lì per giocare un derby che sentivano loro, per il quale stavano mettendo tutto l’impegno possibile, al massimo del proprio agonismo, per raggiungere il loro obiettivo: divertirsi e vincere. Questo purtroppo non è stato possibile perché di calcio se n’è visto poco.
Il calcio non è questo. Il nostro calcio non è questo e mai lo sarà.
Il calcio è uno SPORT e come tale, pur nell’agonismo, anche più acceso, deve promuovere la cultura del rispetto, della lealtà, della correttezza. Mai della violenza, mai della prepotenza, mai dell’intimidazione.
Alla cultura del “quel che succede in campo finisce in campo” non deve sottendere l’idea del campo di gioco come “zona franca”, che deve trasformare il terreno di gioco in un ring senza regole, in cui tutto quello che sfugge agli occhi dell’arbitro è consentito. Non deve rappresentare l’alibi per chi con il calcio vuole dare libero sfogo alla propria indole prepotente o ai propri istinti violenti.
Alla luce di tutto questo, ci sentiamo in dovere di rivolgere agli Organi Federali una richiesta di maggiore attenzione e tutela nei confronti delle tante società come la nostra che, senza interessi economici, affrontano quotidiani sacrifici al solo fine di promuovere la pratica sportiva sul territorio, diffondendo i valori sani e supremi dello sport.
Chiediamo una più severa repressione della violenza, in ogni sua forma, affinché mai e su nessun campo di gioco, un giovane atleta possa sentire minacciata la propria incolumità al di là del rischio consentito dalla disciplina sportiva che regola il gioco del calcio e che nessun genitore assista, senza alcun potere, alla violenza gratuita subita dal proprio figlio su un campo di gioco.
La Società si riserva di informare di quanto accaduto gli organi federali competenti e di esperire, in tutte le sedi, ogni azione che riterrà necessaria al fine di avvalorare la propria posizione e tutelare i propri tesserati.