Un po’ spiazzato e con un’aria frettolosa, così si è presentato ai microfoni il giovane lucerino, Simone Di Canio, ormai da mesi trequartista del Donia: “In realtà nel 2013 mi traferii a San Salvo per ragioni familiari. Lì ho militato fino al mio ritorno in Puglia, nel 2016. Qui la mia permanenza è durata poco, seppur non ho mai abbandonato il calcio. Nel 2020 mi propongono di giocare a Viterbo, anche se la pandemia ha rovinato i piani di tutti. Qui a Manfredonia sono arrivato grazie al mio procuratore. I giorni di prova erano tre ma il mister mi ha confermato in rosa anche prima. Non c’è rivalità tra noi ragazzi e i più grandi si mettono a nostra disposizione. Nel calcio se non presti ascolto rimani lì, dove sei, in poche parole non cresci. Anche nella vita è così, ma per adesso non faccio di testa mia solo nello sport (ride, ndr)”.
Il 18enne racconta anche del suo rapporto speciale con l’allenatore che l’ha spronato e affiancato a Foggia, Gaetano Pavone: “Credo molto nel rapporto atleta-allenatore, soprattutto quando l’altro vuole il meglio per te. È un legame che va oltre il terreno di gioco, le ore di allenamento e gli aspetti tecnici da chiarire. Se il mio talento verrà riconosciuto in futuro da qualsiasi squadra, sarà anche grazie a lui”.
Spesso conciliare gli studi con gli impegni sportivi risulta un’impresa, lo sa bene Di Canio: “Mi rendo conto di trascurare un po’ troppo la scuola, ma non è facile per una questione di tempistica. Allenandomi a sessanta km da casa mia, faccio il possibile ma a volte non basta. Anche se l’aspetto istruttivo è fondamentale, io voglio provare a dedicarmi completamente al calcio, non lascerò però gli studi. La mia famiglia? Concorda su ciò e vengono anche qui al Miramare, a vedermi giocare”.
Cresciuto con la fede nerazzurra, grande estimatore di Neymar: “Ha un gioco prettamente individuale, ma lui se lo può permettere considerata la sua produttività”.
Non nasconde il suo grande rapporto con il concittadino Vincenzo Manna, difensore: “Lo conosco da una vita e condividere anche questi momenti fa in modo che il nostro legame si solidifichi di più. È quasi un fratello per me”.
È importante notare l’enorme spazio concesso agli Under, facendo zittire le vecchie voci che spesso criticavano l’ipotetico “mancato amore per il calcio”, da parte dei giovani del Manfredonia, che secondo le stesse “volevano il posto in campo senza faticare”.
Simone, come tante altre reclute, apprezza tutte le decisioni degli adulti (i vari mister e preparatori, ndr) e fa tesoro di tutto ciò che può giovargli per una crescita personale e competitiva. Magari questo concerto potrebbe essere da monito per tanti “grandi”?
Michela Rinaldi
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