Giorgio Bambacaro, Giuseppe Palumbo e Lorenzo Murgo (Manfredonia): “Dopo la fatica iniziale ci godiamo il momento”

Giorgio Bambacaro, Giuseppe Palumbo e Lorenzo Murgo (Manfredonia): “Dopo la fatica iniziale ci godiamo il momento”

Tre giocatori diversi, tre ruoli distinti e tre personalità differenti, ma una sensazione in comune: la svolta dopo le difficoltà. Giorgio Bambacaro, centrocampista, fra i tre visibilmente più entusiasta della sua presenza ai microfoni. L’altro centrocampista Giuseppe Palumbo, più piccolo fra i ragazzi, appare meno confidenziale ma coinvolto, mentre Lorenzo Murgo, terzino, mostra un certo distacco all’inizio, forse dato anche dalla timidezza del momento. Seppur opposti, insieme hanno rilasciato dichiarazioni riguardo la loro esperienza agli allievi e sulle precedenti 

Inizia il centrocampista Bambacaro che racconta: “Negli anni passati sono stato a Foggia ma, una volta arrivato, non ho avuto problemi ad inserirmi. Io e Lorenzo, tra l’altro, siamo cresciuti insieme. Penso, però, che data la giovane età tendiamo a distaccarci un pò in campo e agli arbori si notava di più e i risultati lo testimoniavano. Riguardo il mio rapporto generale col calcio, ho iniziato da piccolissimo grazie soprattutto al sostegno di mio nonno Antonio, porto stretto con me il gol dedicatogli e spero di segnarne altri e come potrei dimenticarmi del numero 2, primo numero che mi è stato assegnato. Il mister Gagliardi?  Se abbiamo superato le difficoltà è anche per merito suo, ci ha sempre messi in riga e ci ha spiegato che senza l’umiltà del singolo, non esiste l’intero gruppo. Nel campionato provinciale possiamo vantare il titolo di miglior seconda, ora vogliamo dare il massimo per le regionali”.

La sua famiglia, da ciò che si evince dalle sue parole, è sempre presente e apprezza soprattutto il fatto che collezioni buoni voti a scuola, congiungendo alla perfezione così sia lo studio che lo sport. Parlando della sua ispirazione, spiega “Non credo che al giorno d’oggi il calcio venga vissuto, da noi giovani, in maniera pulita e semplice come dovrebbe essere, quindi non posso ammettere di aver avuto un calciatore come esempio di sportività, se non per il semplice gioco in campo”.

Detto questo, confessa di essere juventino.

Giuseppe Palumbo, il piccolo centrocampista/esterno, quest’anno ha dovuto fermarsi per un po’ di tempo a causa del Covid-19, però ciò non l’ha fermato: “Da due anni a questa parte capita di doversi ritirare per un po’ di tempo a causa del virus e fa male distanziarsi dai compagni e dal campo. Ricollegandomi a ciò che ha detto Giorgio, all’inizio c’erano degli screzi, non lo metto in dubbio e la cattiva mentalità influenza molto il rendimento. Io ho iniziato da piccolissimo, alla Salvemini, ma entrare nei biancocelesti è stata la miglior scelta. Anche se ho un anno in meno agli altri, non mi sono mai sentito inferiore ma al contrario, ho creduto di aver del potenziale per farne parte. Mi è sempre piaciuto il mio ruolo e ritengo che N’Golo Kanté possa essere preso come modello di gioco. Ricordo che mi piacque molto il mio primo numero 4, ero ancora alle prime armi. Soddisfatto? Abbastanza, soprattutto perché sto iniziando a capire alcuni meccanismi che vanno oltre il calcio e magari riesco a decidere cosa fare per il mio futuro. Per ora stimo sia ancora molto presto (ride, ndr)”. 

Per concludere, il terzino fa il punto, ma senza dilungarsi: “Fra i tre sono il più fedele alla maglia sipontina (ride, ndr), gioco qui dai primi calci e credo di conoscere tutti. Anche nel derby, contro lo Sporting Arena, ho affrontato dei ragazzi con cui ho legato: Matteo Ionata, mio vecchio mister, ci ha sempre aiutati ad unirci ed è grazie a lui se molti ragazzi, ancora adesso e seppur non allenati più da lui, riescono ad avere quella vecchia sintonia. Vorrei essere più certo del mio futuro, però per ora mi trovo molto bene qui. Un mio idolo? Sarò scontato, però Neymar e Ronaldo, anche se risultano antipatici ai media e avversari per i loro modi, bisogna riconoscere che portano avanti la visione del calcio, al giorno d’oggi molto più dedita alla aspettavo ”.

Con queste riflessioni, non è difficile notare come il pensiero sullo sport sia mutato tantissimo nel giro di vent’anni, in particolar modo dalle reclute e cadetti. Indipendentemente dai tre allievi in questione, sarà il tempo a stabilire se questo mutamento sia controproducente o no.

Michela Rinaldi

Michela Rinaldi

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