Gaetano Prencipe e Antonio Facciorusso raccontano le loro difficoltà

Gaetano Prencipe e Antonio Facciorusso raccontano le loro difficoltà

Spesso non ci si sofferma abbastanza sulla preparazione dei giovani, che un domani potrebbero indossare la maglia della prima squadra, sulle varie complicazioni e gli obiettivi. Questa volta saranno Gaetano Prencipe, centrocampista degli Allievi e Antonio Facciorusso, suo compagno di reparto. Le risposte dei due cadetti, all’apparenza molto diversi (Prencipe si presenta timido di fronte alle domande poste, mentre Facciorusso sembra addirittura spaesato), hanno corrisposto in gran parte e con un po’ di coinvolgimento, si sono concessi ai microfoni.

GAETANO PRENCIPE: “Fin da bambino ho capito che il calcio fosse un gioco duro e ringrazio mio nonno per avermi indirizzato. A cinque anni mi ha portato alla Salvemini e con il n. 11 scorrazzavo per tutto il campo. Non dimenticherò mai quei bei momenti. Da quando sono qui, però, le cose sono cambiate: gli allenamenti sono più precisi e completi, anche dal punto di vista sociale, valorizzando molto il gioco di gruppo. Purtroppo, i campi di terra battuta sono più duri degli avversari stessi e vorrei esserne più abituato, così le sfide si possono affrontare in maniera più sicura. Nonostante alcuni svantaggi, anche grazie ai mister Gagliardi e Fiananese, siamo riusciti ad avere buoni risultati”.

Ci sono state delle sfide parecchio toste, ad esempio contro i sangiovannesi: “Per poter passare al girone regionale, bisognava batterli e l’accoglienza non era mai delle migliori, qualche volta abbiamo rischiato anche di essere aggrediti fuori dal campo, stessa storia contro l’Apocalisse (San Severo), dopo un sofferto pareggio.” continua Prencipe con il racconto: “Se qualcuno di noi avesse minacciato un avversario, il nostro mister ci avrebbe ripreso a dovere. Il nostro. Non è per creare polemica, ma è giusto che, la sportività tanto discussa, inizi a farsi vedere soprattutto dai più piccoli e dalle categorie minori. Anche noi sbagliamo, però sappiamo riconoscerlo, dopodiché porgiamo delle scuse. Il nervosismo è giustificabile, però l’esagerazione non va bene”.

Il centrocampista cambia espressione del volto quando si inizia a parlare del suo futuro, a tal proposito espone: “Penso che indossare la maglia del Manfredonia sia il sogno di tutti i giovani sipontini che giocano a calcio, ma so che se voglio crescere davvero calcisticamente devo andare via, ringraziando ovviamente tutti quelli che me lo permetteranno. Sarei ipocrita se dicessi che io voglia giocare per sempre al Miramare”.


ANTONIO FACCIORUSSO: “Mi sono unito ai più grandi (Facciorusso è nato nel 2006, ndr) grazie a Gaetano ed ho trovato un gruppo unito. Le prime difficoltà, di cui anche gli altri miei compagni hanno parlato, sono state più insidiose all’inizio dei gironi. Io ho iniziato a calciare da mezz’ala destra, ma in base ai vari schemi attuati dai mister, sono anche predisposto al centrocampo. Quegli episodi spiacevoli? Sinceramente non ci aspettavamo così tanta aggressività, in entrambi i casi. Certo noi non ci sentiamo i <paladini dei valori sportivi>, però è giusto ammettere che alcune volte non reagire è segno di maturità. Poi, sia ben chiaro, situazioni spiacevoli si sono verificate anche qui, ma come ha specificato Prencipe, noi sappiamo riconoscerlo. Anche a me piacerebbe entrare a far parte degli under, quando sarà possibile, però è bene dare il giusto spazio. Ad esempio, credo che Giuseppe Guerra e Thomas Lauriola possano supportare tantissimo il gruppo se venissero più coinvolti e non lo dico perché sono miei amici (ride, ndr). Rispetto le decisioni dei cari preparatori, però da esterno posso precisarlo”.

Tuttavia, è da apprezzare la sincerità di entrambi le reclute e soprattutto il sostegno reciproco ed è doveroso precisare che, la poca esperienza al gioco tecnico e duro (come ad esempio giocare su terreni in terra battuta) non è a causa della singola società ma dell’intero sistema calcistico giovanile italiano e dei tempi che cambiano ulteriormente, facendo sfumare l’idea del comune bimbo che gioca sotto casa e che così svilupperà una buona base tecnica,  sostituendola malgrado al bimbo che col pallone si scatterà solo un selfie o una foto di rovesciata, da pubblicare quanto prima (ndr) .

Essendo giovani, sono incerti del loro futuro, ma per ora ci tengono a ringraziare chi fino ad adesso chi ha permesso la loro inclusione nel gruppo, dai membri societari al  presidente e ai preparatori tecnici.

Michela Rinaldi

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